di Gregorian Bivolaru

Uno dei più efficaci metodi per la Rivelazione del Sé Divino (ATMAN) è stato esposto dal grande yogi e liberato RAMANA MAHARISHI (foto). Questo è proprio il metodo con il quale lui stesso ha raggiunto lo stato di suprema liberazione spirituale. Questo metodo viene chiamato ATMA VICHARA e consiste nella progressiva rivelazione del Sé Supremo attraverso la reiterazione frequente della domanda “Chi sono Io?”. Questo è di fatto un metodo di orientamento della mente verso se stessa, per aiutarla a comprendere la sua natura (il Sé Divino (ATMAN)), affinché la mente razionale diventi essa stessa la sua propria natura (il Sé Divino (ATMAN)).

Dal punto di vista tecnico, questo è un metodo molto semplice, anche se in realtà è piuttosto difficile da realizzare, poiché richiede molta perseveranza ed aspirazione nel voler conoscere la nostra natura essenziale divina.

Ecco le tappe da realizzare successivamente:

  1. Ci chiediamo interiormente “Chi sono Io?” e poi, man mano, in una maniera sistematica, arriviamo a dissociarci completamente da tutti gli elementi che prima identificavamo in modo illusorio con il nostro essere, chiamandolo “Io”.
  2. Interiormente rispondiamo allora “Io non sono il mio corpo fisico”, e poi cerchiamo di vivere effettivamente per circa 7 minuti questa esperienza nella quale ci percepiamo spontaneamente come separati dal nostro corpo fisico. Per realizzare questo processo di dissociazione, alcuni yogi raccomandano che in questa fase portiamo in modo immaginario questa coscienza della nostra individualità, che identifichiamo con l’“Io”, nella zona al centro della testa, dove si trova sul piano sottile SOMA CHAKRA, oppure nella zona sopra la testa, dove si trova sul piano sottile SAHASRARA e, da questo punto FOCOLAIO, guardiamo le altre parti del nostro corpo, con grande distacco, dissociandoci da esse. Alla fine, la coscienza dell’Io si alzerà anche al di sopra della testa, dissociandosi totalmente anche dall’area dove prima si era messa. Cosi avviene un totale distacco dal corpo fisico.
  3. Poi continuiamo, dicendoci interiormente: “Io non sono neanche i cinque organi d’azione: l’ano, gli organi sessuali, le gambe, le mani, le corde vocali”. Mentre pronunciamo interiormente lenti il nome di ogni organo d’azione sperimentiamo in modo chiaro lo stato di dissociazione della nostra coscienza esistenziale che definiamo come “Io” dalle rispettive parti del corpo. Meditiamo per circa 3 minuti sul distacco da ogni organo d’azione.
  4. Di seguito, diremo poi interiormente: “Io non sono neanche i cinque organi dei sensi: naso, lingua, occhi, pelle, orecchie”. Anche qui ci soffermeremo ogni volta per 3 minuti, realizzando lo stesso setaccio ontologico, ossia separando l’“Io” rispettivamente da ogni organo di senso.
  5. Poi, affermeremo interiormente: “Io non sono neanche i cinque soffi vitali: PRANA, APANA, SAMANA, UDANA e VYANA”. Ci fermiamo poi nuovamente, meditando per circa 3 minuti su ognuno di questi organi vitali che sostengono la vita e l’attività delle cellule e dei nostri organi, visualizzando proprio il modo in cui ognuno di questi soffi esercita la sua funzione, vivendo poi pienamente l’esperienza del distacco della nostra coscienza divina, identificata con “Io”, da tutte queste funzioni vitali.
  6. Se abbiamo seguito come occorre tutte le raccomandazioni presentate sin qui, riuscendo ogni volta a dissociare la coscienza spirituale dall’“Io”, da tutti questi aspetti effimeri, gli unici elementi che rimangono ancora da distaccarci sono i nostri propri pensieri. Quindi, il passo finale sarà quello in cui diciamo: “Io non sono questi pensieri”. A questo livello sopraggiunge una difficoltà piuttosto grande, che proviene dal fatto che il pensiero sull’“Io”, che nel punto 2 di questo esercizio avevamo proiettato, ad esempio, nella zona al centro della testa o sulla cima del capo, ora è il pensiero stesso dell’“Io” che deve alla fine essere dissolto. Questo processo paradossale potremmo assimilarlo al gesto di salire sull’ultimo ramo di un albero e che poi, essendo seduti proprio su questo, lo tagliamo.

RAMANA MAHARISHI afferma: “Il corpo fisico è incapace di dire lui stesso “Io”. Dall’altro lato, la Coscienza Divina Suprema non si rivela mai a noi sotto forma dell’“Io”. Questo è conosciuto con il nome di CIT-JADA-GRANTHI (il nodo o punto di intersezione o di incidenza tra la coscienza e la materia). Questo può anche essere chiamato l’Anima incatenata, il corpo sottile, l’ego, la mente, e cosi via. In questa citazione, RAMANA MAHIRISHI ci rivela il fatto che, in funzione del nostro livello di coscienza, noi assoceremo in modo prevalente il sentimento esistenziale definito come “Io” con una delle strutture o energie più grossolane o più raffinate del nostro essere.

Questo esercizio è completo di per sé e costituisce un vero e proprio cammino di evoluzione spirituale, essendo sufficiente da solo per arrivare alla realizzazione spirituale ultima o al regno della Coscienza Divina. Se riusciremo a controllare in modo appropriato il mentale, per sospingerlo nel realizzare questo esercizio, portandolo cosi alla perfezione, raggiungeremo senza dubbio lo stato di SAT-CIT-ANANDA (la Pura Esistenza, la Pura Coscienza, la Pura Beatitudine della Realtà Ultima del Sé Divino).

GLOSSARIO

ATMAN – IL SE’ SUPREMO, ETERNO. L’uomo ha due io: l’Io Reale, immortale chiamato ATMAN o PURUSHA e l’Io relativo, effimero, falso, AHAMKARA. Nell’infanzia, quando le impressioni e l’ambiente circostante non hanno ancora lasciato la loro impronta inquinante, il bambino diffonde a volte attorno a sé lampi del Sé Reale Assoluto, però nella misura in cui avanza nella conoscenza delle vie del mondo, nelle quali le sue azioni e il suo comportamento influenzano l’appetito ed i suoi desideri, il suo conforto e progresso, egli comincia a tessere per se stesso un abito chiamato personalità, attraverso il quale il mondo lo conosce. La tessitura illusoria, effimera ed il filo di quest’abito sono fatti dalle abitudini, dai pregiudizi, dalle emozioni, dal modo di pensare e di agire, dai desideri e dalle ambizioni. Una forte personalità può essere fino ad un certo livello utile per spianare la via della nostra vita e per permettere di realizzare le nostre ambizioni, ma non necessariamente anche per la riscoperta del Vero Io. L’aspirante autentico allo stato di YOGA diventa meno interessato del suo impatto sul mondo e cerca con ardore la rivelazione totale del suo Io Reale Divino.

Attraverso la meditazione profonda egli impara a distinguere ciò che è veramente Reale da ciò che non è valoroso e degno di considerazione, e si domanda: “Chi e che cosa sono Io in essenza?” Lui analizza e conosce Se stesso, domanda, apre la porta dell’intuizione e della percezione spirituale, penetrando così sulla via che porta al SAMADHI.

Secondo la filosofia YOGA, il Sé non esiste assolutamente nel senso di essere parte del mondo manifestato, oggettivo o soggettivo; esso è eterno, non nato, non cresce, resiste ad ogni cambiamento, non decade (non si altera) mai e non muore, essendo onnipotente ed immortale.

Nell’essere il SE’ è l’espressione della VERITA’ ULTIMA. La BHAGAVAD GITA afferma che il SE’ DIVINO (ATMAN) si trova nei cuori di tutti gli uomini ed è il nostro io eterno, interiore, più profondo. Solo quando realizziamo, attraverso la rivelazione, questo SE’ ETERNO e conquistiamo noi stessi, possiamo unificarci con il Supremo Infinito (DIO).

PRANA – Letteralmente “respirazione”, “soffio vitale”. Energia sottile macrocosmica che penetra, nutre e conserva il corpo manifestandosi nel modo più chiaro nelle creature sotto forma dei soffi sottili. Patanjali parla del prana nel corso del quarto stadio (Pranayama) del sistema Yoga. Allo stesso tempo, il prana gioca un ruolo essenziale sia in Hatha Yoga che in tutte le altre forme di Yoga. L’Atharva Veda lo impersonifica e gli dedica un inno. L’induismo distingue 5 diverse categorie di prana principali:

  1. Apana – che assicura l’eliminazione di tutte le materie residuali e si manifesta specialmente nella parte inferiore del corpo, che è controllata attraverso Muladhara chakra; 
  2. Vyana – che veglia sulla circolazione della linfa ed è controllata tramite Swadhisthana chakra;
  3. Samana – che sorveglia il processo di assorbimento e di assimilazione del cibo e mantiene l’equilibrio del corpo, vegliando sui metabolismi chimici legati all’alimentazione e che è controllata attraverso Manipura chakra;
  4. Prana – l’essenza del soffio, la forza vitale in sé – controllata attraverso Anahata chakra;
  5. Udana – che agisce sulla parte superiore dell’organismo e facilita lo sviluppo spirituale, creando un legame tra la parte fisica e la parte spirituale del nostro essere e che è controllata attraverso Vishuddha chakra.

Le forme del tutto secondarie di prana o prana minori sono:

  1. Naga – il rutto e il singhiozzo;
  2. Kurma – lo sbatter di ciglia;
  3. Krikara – la fame e la sete;
  4. Devadatta – lo sbadigliare;
  5. Dhananjaya – la decomposizione (putrefazione) del corpo.