I grandi pensatori sono stati anche grandi parlatori?

L’essere spiritualmente evoluto si riconosce dal fiume di parole con cui annega chiunque si avvicini a lui?

Le parole crociate ci aiutano veramente a sviluppare l’intelligenza o rappresentano uno dei più pericolosi “vampiri” di energia mentale? Sappiamo davvero come dovremmo utilizzare al meglio la nostra energia mentale?

Una volta, molto tempo fa, un discepolo di nome Bahashkali si avvicinò al suo guru che si chiamava Bhava e gli chiese: dov’è l’Eterno e il Supremo Assoluto Brahman (Dio Padre) di cui parlano le Upanishad? Il maestro però non gli rispose e rimase in profondo silenzio.

Il discepolo continuò e glielo domandò nuovamente, ma nonostante ciò il maestro non gli rispose in nessun modo, continuando a rimanere zitto e immobile. Solo alla fine gli disse: “Io ti ho già risposto ogni volta, ma tu non sei stato capace di capire.  Cosa posso fare? Brahman (Dio Padre), l’Assoluto o l’Eterno, non può essere spiegato con le parole! Solo in un profondo silenzio pieno di aspirazione e amore qualcuno può conoscerLo. Non esiste luogo in cui Egli possa essere trovato al di fuori del profondo piacere del Sé Supremo (Atman)! Questo Atman è prima di tutto eterno Silenzio”.

La pace oltre il suono è Dio

Dio Padre o Brahman è prima di tutto eterno silenzio. L’anima nel suo profondo è silenzio. La pace mentale è silenzio. Atman (il Sé Supremo) è silenzio. Il Silenzio è il linguaggio essenziale di Dio l’Eterno Misterioso. Il Silenzio è il linguaggio profondo del cuore e inoltre è il vero linguaggio del saggio, perché in primo luogo il silenzio rappresenta un potere immenso, costituendo una prova viva della verità eloquente di Dio.

Il silenzio profondamente coscientizzato è Dio. Di conseguenza è il substrato ultimo o l’essenza di questo corpo, del prana e della mente. Il silenzio è il fondale su cui si proietta tutto l’universo dei sensi, è una misteriosa realtà. Quella pace profonda beatifica che trascende ogni comprensione razionale è il vero silenzio. L’essenza della vita ma anche il fine dell’intera nostra esistenza è il silenzio. Oltre tutti i rumori e tutti i suoni si trova il silenzio. Esso è la caratteristica di quelle coscienze che percepiscono direttamente la realtà attraverso un’esperienza intuitiva estatica. È in realtà il tuo essere profondo. Essere sprofondato nel silenzio significa di fatto aprirti completamente, per essere tutt’uno con Dio. Proprio per questo lo scopo ultimo della vita può essere considerato (senza errori) la reintegrazione perfettamente cosciente nel silenzio misterioso ed intenso beatifico di Dio. In questo senso troviamo molti esempi, come: il messaggio del deserto del Sahara è silenzio; il messaggio dei monti Himalaya è silenzio; il messaggio del saggio Avadhota che vive nudo sul lago ghiacciato Kangotri o Kailash è silenzio. Quando il tuo cuore è pieno di amore di Dio e quando sei circondato dall’estasi allora sei nel silenzio. Chi può descrivere a parole la gloria del silenzio?

Non esiste balsamo guaritore più buono del silenzio per quegli uomini che hanno il cuore indurito a causa degli insuccessi, delle delusioni o delle perdite. Non esiste miglior rimedio del silenzio per quelli che hanno i nervi tesi al massimo a causa delle loro vite tumultuose, dello stress e dei litigi di ogni tipo.

Ogni volta in cui raggiungiamo lo stato di sonno profondo e senza sogni sperimentiamo il misterioso ed ineffabile stato di silenzio, ma il velo dell’ignoranza (avidya) nasconde alle nostre coscienze questa esperienza. Il silenzio che raggiungiamo durante il sonno profondo e senza sogni, come il silenzio che si diffonde naturalmente in tutta la natura quando appare la notte, sono prove dell’esistenza di quell’oceano misterioso ed infinito di silenzio o Brahman (Dio Padre).

Dal silenzio fisico lo stato di riposo perfetto della mente

Nel caso dell’uomo comune la mente è quasi permanentemente turbata o stuzzicata da almeno uno degli undici “organi” (indriya) ad essa subordinati (questi sono i cinque organi della conoscenza: olfatto, gusto, vista, udito, tatto; i cinque organi di azione: le corde vocali, le mani, le gambe, l’organo di escrezione e gli organi sessuali; e alla fine il mentale inferiore (manas) che agisce come un sui generis filtro di interfaccia tra i sensi e la coscienza dell’ego). Per ottenere il pieno controllo sulla mente è necessario quindi calmare la volontà di attività di questi organi. Solo allora in noi si rivelerà il silenzio.

Al livello della comprensione intellettuale comune, rimanere zitto per un certo periodo di tempo senza parlare con nessuno significa ritirarti nel silenzio, ma per estensione questa esperienza può essere applicata anche ad altri ambiti. Ad esempio se il tuo migliore amico non ti scrive per un lungo periodo di tempo penserai “il mio amico manifesta un lungo periodo di silenzio non so perché”; se durante una conferenza l’oratore si ferma per alcuni momenti durante una lettura appassionante potremmo interpretare questa cosa nel seguente modo “c’è stato un attimo di silenzio quella sera alla conferenza”; se fossi in India e ti incontri con due uomini che hanno raggiunto lo stato di santità (sadhu) è possibile che uno di loro ti dica “questo uomo santo (sadhu) è costantemente nel silenzio (mauna). È mio amico e rispetta rigorosamente questo tapas da sei anni”.

Tutto ciò rappresenta il silenzio fisico.

Se invece decidi di non vedere più, chiudendo gli occhi, e ti allontani in modo costante dagli oggetti, con la pratica di pratyahara o dama (il perfetto controllo degli organi di senso) ciò attira a sé il silenzio di un indriya, la vista. Se decidi di non sentire più suoni significa che hai ottenuto il silenzio di un altro indriya, l’udito. Allo stesso modo il digiuno alimentare completo nei giorni santi di festa presuppone un silenzio di un altro organo di azione (indriya), la lingua. Se non fai nessun movimento e pratichi la postura del loto (padmasana) per tre ore otterrai la calma dell’attività delle mani e dei piedi. Tutte queste cose sono utili ma quello che è da desiderare più di tutto è il silenzio dall’agitazione mentale. Possiamo rispettare rigorosamente il tapas del silenzio fisico e ciò nonostante la nostra mente può generare di continuo sempre nuove immagini.

In questo modo il pensiero (chitta) potrà portare di nuovo nel campo della nostra coscienza ogni tipo di ricordo. L’immaginazione, la motivazione, il riflesso e altre varie funzioni della mente non si fermeranno in modo obbligatorio dall’attività solo rispettando strettamente il giuramento del silenzio fisico. Dunque dobbiamo capire che solo attraverso questo tipo di silenzio non possiamo avere la garanzia di raggiungere una reale pace e un perfetto stato di silenzio interiore!

In questo caso la sola soluzione è che l’intelletto rallenti a poco a poco il suo funzionamento quando non abbiamo bisogno indispensabile di lui. Questa funzione del corpo astrale dovrebbe essere quindi in uno stato di riposo perfetto per poter passare più facilmente oltre di essa. È necessario far sì che tutte le fluttuazioni della mente siano completamente bloccate. La nostra mente deve riposarsi quindi nell’oceano del misterioso Silenzio o Brahman (Dio Padre). Solo allora possiamo percepire veramente la reale ed eterna calma misteriosa.    [continua nella II parte]