Il termine sanscrito karma significa “azione”, la sua causa ed il suo effetto. Non esiste azione senza causa e azione senza effetto.
Il passato, il presente e il futuro sono inseparabili e legati tra loro come un intero. Iccha, Jnana e Kriya Shakti si manifestano sul piano terreno, nella sfera dell’anima (jivatma), sotto forma dei poteri divini della Volontà, della Conoscenza e dell’Azione.
Così come indica la Brihadaranyaka Upanisad: “L’uomo è davvero fatto di desiderio. Così com’è il suo desiderio, così è il suo pensiero. Così com’è il suo pensiero, così è la sua azione. Così com’è la sua azione, così è la sua realizzazione”. Questo modula il karma dell’essere umano.
Colui che ha desideri agisce per ottenere l’oggetto su cui si focalizza la sua coscienza
Come afferma la Chandogya Upanisad: “Ciò che pensa, lo diventerà”.
E riguardo l’azione: “Quel che un uomo semina, raccoglierà”. Il problema non è una questione di punizione o ricompensa, ma di conseguenze, e la conseguenza dell’azione è parte di questa. Se si compie un’azione, si provoca automaticamente anche il risultato di quell’azione. Questa è parte integrante dell’azione originaria, che continua e si trasforma in un risultato.
Nel Mahabharata si afferma che l’anima (jivatma) sperimenta lo stato di felicità per le buone azioni e lo stato di sofferenza per quelle cattive.
Il karma è di tre tipi:
- sanchita karma – l’intero insieme del karma ancora non esaurito, del passato, sia buono che negativo, e che è necessario venga consumato. Questo karma del passato è la causa specifica delle vite future e, come tale, viene chiamato samskara o vasana (le inclinazioni o tendenze subconsce).
- prarabdha karma – è quella parte del sanchita karma che è “maturo” e che si consumerà o darà frutti nella presente esistenza.
- vartamana o agami karma – è il karma nuovo, che l’uomo continua ad accumulare con le sue azioni presenti e future.
Fintanto che è nel mondo fenomenico (il samsara), l’anima incarnata (jivatma), per sua natura crea sempre del karma nel presente e sperimenta quello accumulato nel passato. Anche gli esseri divini (deva) sono sottomessi al tempo e al karma.
Le tendenze, il carattere e il temperamento di un uomo sono modellati dal sanchita karma. Riguardo al prarabdha karma, in generale è inevitabile e non si può fare nulla se non il consumarlo.
La liberazione spirituale è il frutto dell’azione combinata di Shiva e Shakti e si ottiene mediante la conoscenza di Dio (Brahma jnana), trascendendo il desiderio di avere una vita separata [da Lui] e realizzando l’unità con il Supremo Assoluto.
E’ necessario che tutte le azioni vengano fatte senza pensare ai benefici per la propria persona. Quando i desideri cessano, l’incatenamento che mantiene l’uomo nel ciclo delle incarnazioni successive (samsara) viene rotto. L’unico desiderio da coltivare è dunque quello di amplificare la nostra aspirazione spirituale per rimuovere l’ignoranza che ci fa vivere come esseri separati (ego), risvegliare così l’anima (jivatma), rivelare il nostro Sé Supremo (atman) e fonderci quanto prima nel Cuore Supremo di Dio (Paramatman).
Occorre, da un lato, offrire sempre a Dio i frutti dei propri desideri (intenzioni, volontà), dei propri pensieri e delle proprie azioni, agendo così come canali divini; e dall’altro coltivare quell’ardore spirituale che diventa slancio irrefrenabile:
Udyamo Bhairavah – Lo slancio ardente impetuoso è Dio stesso (Shiva Sutra, I, 6)
Che i nostri desideri più puri e profondi guidino così le nostre scelte – (Settembre 2021…)