Ardhanarishvara – l’ipostasi divina, perfettamente androgina, di Shiva
del professore di yoga Gregorian Bivolaru
Shiva Ardhanarishvara è una delle ipostasi più conosciute di Shiva. È l’espressione misteriosa della sua natura divina: androgina, bipolare, in cui si manifesta come Supremo Maschile in intima fusione con la sua metà femminile.
Shiva Ardhanarishvara è l’Androgino Divino Glorioso. Il significato profondamente spirituale di questa ipostasi di Shiva è molto importante nella tradizione induista. Shiva Ardhanarishvara è l’espressione della fusione indissociabile tra Shiva e Shakti – il Supremo Trascendente e l’Energia femminile creatrice, l’aspetto mascolino e l’aspetto femminino, ora in un perfetto stato di equilibrio polare, di neutralità. Shiva Ardhanarishvara è al contempo l’essere divino cosmico che esiste oltre la polarità o la dualità, ponendosi al di sopra di tutti gli aspetti complementari che ci sono nella manifestazione.
Shiva senza Shakti è cadavere
L’ipostasi di Shiva come androgino divino glorioso (Ardhanarishvara) viene evocata molto spesso e adorata in molte zone dell’India, essendo frequente negli antichi inni rivolti a Shiva. Alla sua base vi è un racconto mitologico:
Il saggio Bringi era un adoratore perseverante e pieno di fervore di Shiva, che però era solito adorare solamente Shiva ed evitare volutamente la venerazione di Shakti. Mediante la sua pratica spirituale, Bringi cercava unicamente di trascendere gli aspetti dell’esistenza, e per questo considerava corretto adorare solamente Shiva, separandolo nella sua mente dalla sua energia femminile manifestatrice (Shakti), da cui in realtà Shiva non è mai separato. Un giorno gli dèi e i saggi si recarono sul monte Kailash per venerare Shiva e la sua amata Parvati. Ma il fanatico adoratore di Shiva di nome Bringi insisteva sul fatto che se loro adoravano veramente Shiva allora avrebbero dovuto andare solo intorno a Shiva. Escludendo completamente Shakti (l’energia femminile) dalle sue preghiere rivolte a Shiva, Bringi senza saperlo stava rinunciando alla sua energia vitale, sostenitrice, femminile, che in realtà proviene proprio da Shakti e che lo sostiene in tutte le sue azioni di adorazione. Cosi, per dargli una lezione spirituale che lo scuotesse dallo stato di limitazione e stupidità in cui si trovava, Parvati rese il fanatico adoratore Bringi in una condizione fisica in cui era rimasto pelle ed ossa. Tutta la sua energia femminile (Shakti), che lui continuava a respingere con un fervore quasi folle, abbandonò quasi del tutto il suo corpo, e per questo il povero Bringi divenne in breve tempo debole e privo di quasi tutta la sua energia, a tal punto da non riuscire a fare neanche i più piccoli movimenti, fino a non potersi spostare per nulla. Lui però continuava a pregare solo Shiva.
Colmo di compassione, Shiva offrì al suo adoratore fanatico un bastone per sostenersi, che Bringi venerò, attaccandocisi cosi tanto che in breve tempo per lui divenne come una terza gamba. Con questo sostegno ricevuto da Shiva, Bringi continuava ad adorare solo Shiva, senza cogliere quale fosse il senso della lezione spirituale a cui era stato sottoposto. Allora, per riuscire a fargli capire l’inseparabilità tra Shiva e Shakti, l’amata di Shiva pregò il Suo Signore Divino di assumere le sembianze in cui lei e Shiva sono una sola cosa, cosi da mostrare chiaramente a Bringi la loro inseparabilità. Dunque Shiva si mostrò nell’ipostasi di Ardhanarishvara.
Shiva è trascendenza e immanenza
Nelle scritture sacre dell’India (Purana) ci sono diversi racconti simili, che spiegano questa ipostasi di Shiva. Nella Shiva Purana si racconta che all’inizio della Creazione, Brahma, il Creatore dell’Universo, diede vita prima agli esseri primordiali, noti come i genitori di tutti gli altri esseri (prajapati), attribuendogli alcune responsabilità per creare i diversi aspetti che sarebbero esistiti nel mondo. Ma essi non riuscirono a compiere i loro doveri, convinti di essere espressione unicamente del principio maschile, e quindi pensando che gli mancasse il loro potere creatore manifestante. In queste condizioni Brahma invocò con fervore Shiva per aiutarlo. Conoscendo già la sua preghiera, Shiva apparve per la prima volta nella sua forma chiamata Ardhanarishvara, cioè metà maschile e metà femminile. Cosi a tutti fu chiaro quale sia la verità fondamentale sulla natura di Shiva, e da allora tutti gli aspetti dell’universo hanno potuto essere facilmente creati, senza alcun impedimento. Per questo, ogni aspetto creato contiene in sé l’unità tra il principio maschile e il principio femminile.
Un altro racconto simbolico, menzionato nella Skanda Purana, indica che un giorno Parvati, l’amata di Shiva, desiderava essere totalmente unita per sempre con l’essere di Shiva, abbracciandolo con amore proprio come se lei fosse sempre attorcigliata attorno a lui. Questo desiderio ardente venne esaudito da Shiva, che assunse allora per lei l’ipostasi di Ardhanarishvara. Siccome Shiva è in permanenza oltre ogni dualità e trascende le polarità, quando ci si riferisce al Supremo Assoluto può essere impersonificato sia come aspetto femminile che maschile.
Questa ipostasi divina (Ardhanarishvara) è sempre associata anche alla manifestazione della Grazia Divina. Shiva e Shakti in realtà sono un’unità indissociabile nell’essere Supremo di Dio. Dio privo di forma è, potremmo dire, Paramashiva. Tramite la volontà onnipotente e libera di Dio Padre, gli esseri sono creati ed entrano nel gioco divino delle esistenze, per scoprire estasiati Dio Padre, colui che crea tutti i mondi manifesti. Il dinamismo femminile ed effervescente della creazione è chiamato Shakti, ed è parte integrante dell’essere di Dio. Dio e la sua potenza femminile fondamentale suprema (Shakti) crea e manifesta assolutamente tutto quel che esiste, in uno stato identificazione fusione inseparabile che sgorga dall’essere di Dio Padre.
Ardhanarishvara è l’ipostasi in cui Shiva riveste la sua potenza femminile, inseparabile (Shakti) come parte integrante del suo essere. In questa ipostasi del suo gioco divino macrocosmico, Shiva Ardhanarishvara, Shiva e Shakti si manifestano ed agiscono come un unico essere. Questa è l’espressione della grazia misteriosa di Dio. Shiva e Shakti sono come l’acqua e il ghiaccio, cioè la stessa sostanza in due stati aggregati diversi. Per questo i testi indù descrivono Shakti sia come l’amata di Shiva, in quanto non è mai separata da lui, sia come madre di Shiva, poiché Shiva proviene da Shakti, e sia come figlia di Shiva, poiché in questo caso lei è la manifestazione di Shiva.
Il Verbo: Parola e Significato
In maniera molto ispirata, il poeta Kalidasa compara l’inseparabilità tra Shiva e Shakti come quella tra la parola e il suo significato, o tra la lettera e la sua pronuncia. L’ipostasi per metà maschile e per metà femminile di Shiva è un’illustrazione di un’immagine sincretica in cui due aspetti diversi ma complementari vengono rappresentati in uno stato di piena unità. Questa è la rappresentazione di Shiva detta Ardhanarishvara, in cui la metà destra rappresenta il principio maschile (Purusha), che corrisponde a Shiva stesso, mentre la metà sinistra rappresenta il principio femminile (Prakriti) o Shakti.
Nell’iconografia, il simbolismo dell’androgino è caratteristico di Shiva. Questa ipostasi misteriosamente androgina di Shiva rappresenta una lavorazione artistica dell’idea presente nella forma simbolica del lingam, che simboleggia anche l’unità del simbolo maschile (Linga) con l’aspetto femminile (Yoni). È da notare inoltre come questa ipostasi faccia parte delle ipostasi di Shiva e non di quelle di Shakti o Devi. Deriva dalla descrizione Vedica di Shiva dal duplice aspetto, quello terribile e quello benefico. L’aspetto terribile e distruttivo (Ugra) è rappresentato per mezzo della metà maschile, mentre l’aspetto delicato e pieno di bontà, creatore (Saumnya) viene rappresentato per mezzo della metà femminile.
In un manoscritto induista del XV secolo, questa ipostasi di Shiva viene particolarmente elogiata, precisando come venne assunta da Shiva proprio per suggerire ai praticanti tantrici quale sia il significato più profondo della creazione divina, dove gli aspetti blandi e quelli terribili si fondono e si interpenetrano intimamente.
La sua rappresentazione simbolica
I trattati iconografici classici come il Silparatna, l’Amsumat-Veda e il Supra-Veda ci offrono un gran numero di dettagli riguardanti la differenziazione dei due aspetti che vengono portati ad uno stato di unità. Shiva Ardhanarishvara viene solitamente rappresentato con due braccia, ma ne troviamo anche versioni con tre o quattro braccia e anche con otto braccia, come nella rappresentazione del tempio di Darashuram, dove ha anche tre volti, mentre nelle altre ha tipicamente un solo volto.
Nelle rappresentazioni iconografiche, adattare gli attributi caratteristici dei principi maschili e femminili nelle due metà del corpo avviene in diversi modi, ma la metà destra è sempre quella rappresentante il principio maschile e quella sinistra il principio femminile. Se nell’immagine ci sono due braccia, il braccio destro tiene un cranio umano (kapala) o fa il gesto segreto della protezione (abhaya-mudra), mentre il braccio sinistro è abbassato in una posizione graziosa oppure tiene un fiore o uno specchio.
Secondo il trattato Brihat-Samhita, le mani di destra tengono il tridente e l’arco. Se la rappresentazione ha tre braccia, la metà maschile ha due braccia e quella femminile solo uno, che tiene uno specchio, un fiore o un pappagallo. Se la rappresentazione ha quattro braccia, le mani di destra tengono le armi di Shiva, cioè l’ascia (parashu), il tridente (trishula), il martello (tanka) o il rosario (akshamala), mentre le braccia di sinistra hanno attributi del principio femminile come un giglio bianco o realizzando un movimento sinuoso con la mano.
Secondo l’opera Vishnudharmottara, le mani di destra devono tenere il rosario e il tridente, mentre lo specchio e il fiore di loto bianco si trovano nelle mani di sinistra. Sulla fronte, la parte destra ha metà del terzo occhio, caratteristico di Shiva. L’occhio destro ha uno sguardo penetrante, mentre l’occhio sinistro è calmo e pieno di compassione. Le braccia della parte destra sono forti e mascoline, mentre quelle della parte sinistra sono delicate, graziose e femminili.
Il trattato Brihan Narada-Purana raccomanda che la metà femminile sia di colore nero, mentre quella maschile di colore giallo. Una metà dovrà essere rivestita di un abito di seta, mentre l’altra sarà nuda. Su una delle metà si trova una corona di fiori di loto, e sull’altra una collana di crani. La metà sinistra sarà adornata di braccialetti, gioielli, fiocchi ed anelli, mentre l’altra metà rimarrà nuda.
Alcune rappresentazioni dell’ipostasi Ardhanarishvara la dipingono suonando uno strumento musicale, la vina. E siccome per poter suonare questo strumento occorrono due mani, entrambe le metà del corpo vengono rappresentate nel partecipare simultaneamente a questa azione comune, in una totale armonia divina.
Secondo il trattato Sakaladhikara, la rappresentazione sia a due che a quattro braccia viene fatta con la gamba destra ben salda a terra, in posizione verticale, mentre la gamba sinistra è leggermente piegata. Se ha quattro braccia, le mani della parte destra impugnano l’ascia (parashu) e fanno il gesto segreto della protezione (abhaya-mudra), la mano superiore sinistra tiene un fiore mentre l’altra si appoggia dolcemente sulla testa del toro.
Infine, un’ultima descrizione dell’ipostasi Ardhanarishvara: “Avendo la forma di un essere armonioso, metà uomo e metà donna, con la luna infilata tra i capelli raccolti della parte destra, con la parte destra di colore rosso (aruna), con dei serpenti come ornamento e una pelle di tigre di colore nero, tenendo un fiore al petto, con la gamba sinistra coperta di seta e molti gioielli d’oro, questi è Shiva metà uomo e metà donna, Shiva-Ardhanarishwara”.

